Maria Cristina, la tredicenne protagonista del romanzo, è una ragazza qualunque di una qualunque metropoli, che per caso è Torino. Ha un padre artigiano, confinato nelle sue delusioni, un fratello "cinese" che "fa la rivoluzione al telefono", un'amica emancipata che scappa con un coetaneo. Poiché non ha memoria e non ha fantasia, e va male a scuola, in famiglia la considerano una stupida. Scopre che nessuno la ama, e si accorge di vivere anch'essa in un'assenza di sentimenti per gli altri. Per lei tutto passa nel "fare": l'unica cosa in cui eccelle è il disegno, e ciò che le accade attorno si riflette nei suoi occhi con la nettezza di chi è abituato a esprimersi attraverso il segno grafico. Chiusa com'è in una silenziosa fatica d'insetto, le tocca scoprire con le sue sole forze che la condizione femminile è fatalmente, fisiologicamente servile; e quando, approfittando di quel gusto per il "fare", la vogliono rinchiudere in un destino di lavoro domestico, trova in sé la volontà di sfuggirne
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