Alla toponomastica compete il vezzo di battezzare strade e piazze, affibbiando nomi d'illustri e meritevoli ai luoghi del nostro vivere comune. E appunto l’intitolazione di una via a un fascistissimo don, vittima di un diffamatore e sovversivo, parrebbe ordinaria amministrazione per una comunità in camicia nera. Senonché nulla della faccenda è come appare: il decesso che sa un po' d'assassinio e un poco no, la vedova inconsolabile che al tempo stesso è femmina insaziabile, e pure il patriota e martire che chissà se la marcia su Roma l'avrà poi fatta veramente... Ecco allora che da ordinaria la delibera si profila assai impervia, dopo che una fatale rivelazione s'innescava nel locale circolo littorio la sera dell'undici giugno millenovecentoequaranta, freschi freschi dell’entrata in guerra. No, dacché la toponomastica fu inventata, non s'era mai visto scompiglio pari a quello che per una targa stradale si generò, assurgendo a grottesco nazionale, nella placida cittadina di Vigàta.
"...racconto esemplare con cui lo scrittore di Agrigento torna a un'epoca, il ventennio fascista, che già ha nutrito parte della sua narrativa." Uscito esclusivamente per il Corriere della sera nel 2011.