Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus. Elio Vittorini e la poetica del dolore necessario


Nel cuore della Milano più periferica e affamata, Elio Vittorini ambienta Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus (1947), un racconto che, pur nella sua apparente semplicità narrativa, nasconde una densità simbolica ed esistenziale straordinaria.

Raccontato in prima persona da un ragazzo, il romanzo mette in scena una famiglia alle prese con la miseria, la disoccupazione e un bisogno primario di sopravvivere. Ma non è solo la fame a dominare le pagine: è il “dolore del mondo offeso”, concetto caro a Vittorini, a risuonare come tema portante.

Un “nonno-elefante” e un ospite catalizzatore

Fulcro della narrazione è la figura del nonno, un “elefante”, dal forte appetito che incarna il peso della tradizione e l’immobilismo generazionale. Aveva lavorato come muratore contribuendo alla costruzione dei trafori del Sempione e del Frejus. La sua ingombrante presenza diventa metafora di un passato che non sa farsi da parte.

Il suo opposto è l’“ospite”, inizialmente chiamato “Muso-di-fumo”: un operaio solitario, portatore di dialogo e di consapevolezza, che sconvolge gli equilibri familiari introducendo la possibilità del cambiamento.

In questo contrasto fra chi resta e chi stimola il movimento, si gioca il nodo drammatico del racconto: la trasformazione del nonno da presenza opprimente a figura in partenza, che “strizza l’occhio” a un possibile futuro.

Dialoghi esistenziali e simbolismo poetico

Lo stile asciutto e profondamente metaforico di Vittorini si affida a immagini forti (l’elefante, il forestiero, l’alba) per raccontare la condizione umana. Il dialogo non è solo scambio verbale, ma rivelazione di possibilità, e la fame non è solo mancanza di cibo, ma metafora di un vuoto più profondo.

L’uscita di scena del nonno, sebbene non risolva magicamente i problemi materiali, segna un momento cruciale: l’avvio di una ricerca di verità, che Vittorini approfondirà in opere successive.

Un tassello fondamentale nella produzione di Elio Vittorini

Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus si colloca in perfetta continuità con Conversazione in Sicilia, condividendone le tensioni etiche ed esistenziali. È un testo breve, ma denso, dove ogni personaggio diventa simbolo, ogni gesto si carica di significato, ogni parola pesa. Vittorini non cerca soluzioni facili, ma invita a guardare il dolore in faccia, a riconoscerlo e – forse – a superarlo.

Perché leggerlo oggi?

Perché, pur scritto quasi ottant’anni fa, parla ancora di fame, di immobilità sociale, di necessità di cambiamento. E perché il suo linguaggio poetico e simbolico ci ricorda che anche nella disperazione può nascere un gesto minimo – come uno sguardo, uno strizzare l’occhio – capace di cambiare tutto.

Il Sempione strizza l’occhio al Fréjus è un racconto che, partendo da una realtà di povertà e privazione, si eleva a un’indagine sulla condizione umana, la trasformazione e la ricerca di senso. La metafora dell’”elefante” e il titolo stesso del racconto sottolineano la distanza tra mondi apparentemente inconciliabili, ma anche la possibilità di un’interazione che porti al cambiamento.

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Il Sempione strizza l’occhio al Frejus, Mondadori

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