I romanzi duri di Simenon, o romans durs, senza il commissario Maigret e il Nobel mancato.
La locanda aveva una sala luminosa, lunga sedici metri, con tavoli di abete rosa, boiserie verniciate lungo le pareti e queste finestre a mezzaluna che ritagliano così piacevolmente il paesaggio. Sei tavoli ancora apparecchiati e tovaglie a quadretti rossi per i potenziali commensali.
Poi c’era il sorriso candido di Gredel e Lena, due sorelle, fresche e paffute, con i capelli crespi, che trotterellano per casa tutto il giorno. (La locanda d’Alsazia)
L’autore belga Georges Simenon (1903-1989) fu un prolifico scrittore di romanzi e racconti, spesso pubblicati sotto diversi pseudonimi su riviste popolari, prima di ottenere il successo con il personaggio del commissario Maigret nel 1931.
I circa 100 romanzi dedicati al commissario, scritti nell’arco di 40 anni, lo posizionarono anche tra i grandi autori inglesi di gialli. Con uno stile psicologico unico, Simenon rinnovò il genere poliziesco.
Da un lato, il personaggio di Maigret gli diede la fama popolare che cercava; dall’altro, egli aspirava a un maggiore riconoscimento critico.
Iniziò quindi a prendersi una pausa tra un Maigret e l’altro, dedicandosi alla scrittura dei cosiddetti “romans durs” – romanzi duri senza il commissario – a partire da La locanda d’Alsazia (1931). Libro raro in italiano, l’ultima edizione risale agli anni ’40.
Nella trama il signor Serge soggiorna al Relais-d’Alsace da diversi mesi. Un giorno, una grossa somma di denaro viene rubata dalla stanza occupata al Grand-Hôtel (di fronte al Relais) da due ricchi olandesi, i coniugi Van de Laer.
Il signor Serge è l’unico sospettato e la signora Van de Laer gli è molto ostile. Lei lo riconosce come il truffatore già conosciuto in Europa centrale e sospetta che sia l’autore del furto. Il signor Serge si scagiona facilmente. C’è però un lato oscuro: un birraio locale, Kampf, ambizioso e senza scrupoli, costringe gli amici del signor Serge, la signora Meurice e sua figlia, a cedergli la loro casa per una miseria…
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Pur essendo lodato da alcuni, non tutti erano convinti:
“Spesso, Simenon veniva paragonato a Joseph Conrad e a Balzac, al primo per l’esotismo delle situazioni e la profondità dei personaggi, al secondo per la lunghezza del romanzo e la complessità della composizione”. (Assouline)
Per certi versi c’era una certa affinità con Balzac.
Il testamento Donadieu (1937) venne considerato «il più balzacchiano dei suoi romanzi».
Alcune attitudini le avevano in comune: una produzione quasi industriale degli scritti, rapporto talvolta turbolento con gli editori, le innumerevoli donne incontrate e possedute, oltre che essere disciplinato nel suo mestiere.
Lo scrittore Marcel Aymé una volta definì Simenon «un Balzac senza lunghi passaggi».
Simenon comunque continuava la sua ricerca per scrivere il grande romanzo che – secondo lui – lo avrebbe consacrato tra i grandi della letteratura.
Nel frattempo, i lettori, anche al di fuori della Francia, attendevano con ansia le ulteriori indagini del commissario Maigret.
Il successo di Simenon risiedeva nella quantità di titoli pubblicati ogni anno, piuttosto che nel numero di copie vendute per singolo titolo.
Questo era il suo metodo per dominare il mercato. I suoi lettori fedeli, appena finivano un romanzo, ne vedevano già annunciato un altro in arrivo.
L’autore dei Maigret vendeva in media il doppio o il triplo rispetto all’autore dei “romanzi duri”.
Gli stessi inglesi elogiavano il suo stile, capace di coinvolgerli con poche parole, mettendo in risalto l’atmosfera e i personaggi.
Julian Symons, critico letterario inglese, affermò:
“Il loro creatore è, sotto certi aspetti, il più straordinario fenomeno letterario del secolo: ma il suo talento è quello di un chirurgo letterario piuttosto che di un grande creatore”.
Sebbene i Maigret abbiano avuto un successo immediato, Simenon inizialmente vide nel commissario una figura di passaggio, un trampolino di lancio verso la vera letteratura.
“Avevo ancora bisogno di una rete di sicurezza. Non ero ancora capace di scrivere un romanzo in cui tutti i personaggi potessero muoversi liberamente […] Per me i Maigret erano romanzi semi-letterari”, ricorderà più tardi.
Nel 1932 scrive quattro “Maigret”, altri due nel 1933 e poi si ferma per cinque anni. Questa prima serie di diciannove romanzi si concludeva con un volume in cui Simenon intendeva salutare il suo eroe, motivo per cui mise in pensione il commissario. Ma sarà per poco.
Appena due anni dopo il lancio della serie, e quattro mesi dopo firmò un contratto con Gallimard, l’editore francese più prestigioso.
A quel punto aveva scritto quattordici romanzi, che chiamava “romans littéraires” o “romans durs”. Sebbene ne fossero apparsi solo sei, si sentiva pronto per iniziare la fase principale della sua carriera.
Nel suo nuovo ruolo di scrittore di romanzi duri, Simenon fu molto produttivo quasi quanto con i Maigret. Sette romanzi furono scritti nel 1932, sei nel 1933, quattro nel 1934, tre nel 1935, quattro nel 1936, otto nel 1937, quattro nel 1938 e sei nel 1939. Nel corso dei successivi sei anni di guerra Simenon produsse altri dodici “romans durs”.
Sempre negli anni ’30 Simenon disse all’editore Fayard che in futuro non avrebbe più scritto nulla sul suo famoso commissario.
Era stanco delle battute del giornale satirico Canard Enchaîné che scriveva : “Monsieur Georges Simenon si guadagna da vivere uccidendo qualcuno ogni mese e poi scoprendo l’assassino”, e voleva guadagnarsi la reputazione di scrittore serio.
Era intenzionato a scrivere veri romanzi.
Aveva già pubblicato due romanzi con l’editore Fayard, La locanda d’Alsazia e Il passeggero del “Polarlys”, in cui anche se Maigret non compariva, erano entrambi romanzi che trattavano di furti e omicidi.
Nel 1933 aveva scritto tre veri e propri “romans durs”: La casa sul canale, Il fidanzamento di mr. Hire e Colpo di luna , romanzo che costituisce una testimonianza critica sull’amministrazione coloniale francese negli anni ’30, anche se infine c’è sempre un uomo morto nella trama.
Il critico René Lalou osservò: «Resta da vedere se riuscirà a liberarsi dal vincolo della morte violenta che finora ha pesato su tutti i suoi scritti, o se invece necessita solamente di quella scossa iniziale per mostrare la sua potenza visionaria».
Infatti in gran parte dei romans durs c’era sempre un cadavere con cui fare i conti.
Il tratto autobiografico nei romanzi
Un elemento autobiografico emerge sempre nei quarantaquattro “romans durs” che Simenon compose tra il 1931 e il settembre 1939.
Ne L’asino rosso , scritto nel 1933, il protagonista è un giovane giornalista del quotidiano locale, La Gazette de Nantes. Sua madre piange continuamente, suo padre torna a casa la sera, si siede sulla sedia di vimini e legge il giornale. La morte improvvisa del padre lascia il giovane sconvolto.
Gran parte dell’azione di L’ospite di riguardo (scritto nel 1932, rieditato per Adelphi con il titolo Il pensionante) si svolge nella cucina di una casa dove la madre dell’amico del protagonista cucina per gli studenti stranieri che vivono nella sua subaffitto.
L’Esposizione Universale tenutasi a Liegi nel 1905 è menzionata in L’evaso (scritto nel 1932), da non confondere con il film omonimo tratto da La vedova Couderc.
Qui un insegnante di tedesco, conduce un’esistenza tranquilla, ma l’arrivo di una nuova manicure in città, sconvolge completamente la sua vita, facendo riemergere tragici ricordi dal suo passato.
Un piroscafo da carico in viaggio tra Matadi e Bordeaux fa da cornice a 45° all’ombra (scritto nel 1934).
Ne L’assassino (scritto nel 1935), l’eroe, un uomo sposato, va a letto con la cameriera di sua moglie.
In Piove pastorella (scritto nel 1939), un uomo viene inseguito sul tetto di una casa dalla folla. Il narratore, Jérôme Lecœur, evoca fatti risalenti alla sua infanzia, alla fine del XIX secolo. Aveva allora sette anni e viveva in una piccola città della Normandia. Nel loro appartamento, il padre di Albert, Gaston Ramburges, vive nascosto. È un anarchico ricercato dalla polizia per un attentato. Dalla finestra, Jérôme percepisce l’angoscia dei suoi vicini e intuisce dove si nasconde il padre di Albert. Riuscirà a resistere al riscatto promesso dalla polizia per la cattura del fuggitivo?
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Sebbene sia evidente che Simenon impiegasse l’autobiografia come strumento letterario, il suo tentativo di convertire la realtà in finzione talvolta non ebbe successo. Probabilmente, la sua vita era troppo profondamente intrecciata ai fatti per poterla trasformare in un romanzo.
Il riconoscimento postumo
Il Simenon privo di Maigret sarà riscoperto in seguito, postumo, ottenendo finalmente il meritato riconoscimento nella letteratura.
All’età di 69 anni, nonostante il successo mondiale, era amareggiato per non aver ricevuto il premio letterario più prestigioso: il Nobel.
Il suo nome circolava spesso negli ambienti fin dalla fine degli anni ’40, ma veniva sempre scartato.
Nel 1947, secondo le sue stesse previsioni, Simenon avrebbe dovuto ricevere il premio.
Anni dopo spiegò: «Era quasi fatta. Annunciai ai giornali che, se me l’avessero dato, lo avrei rifiutato. Non sono un animale da competizione e non voglio alcuna medaglia».
Il premio andò invece a un altro francese, Andrè Gide anche suo amico. L’ingiustizia era forse dovuta alla sua reputazione di scrittore di romanzi popolari e polizieschi, un sottogenere che alcuni consideravano inferiore e che l’Accademia svedese non apprezzava.
Impossibile elencare tutti i romanzi duri, si contano oltre cento libri pubblicati in Italia da Mondadori dagli anni ’40 ai ’60, alcuni vengono ristampati regolarmente con nuove traduzioni da Adelphi, altri sono inediti o rimasti alle vecchie traduzioni.
Bibliografia
-Pierre Assouline, Georges Simenon, una biografia.
-Patrick Marnham, L’uomo che non era Maigret.
-Stanley G. Eskin, Georges Simenon.
Vedi anche