La routine quotidiana molto ordinata di Jonathan Noel, protagonista del romanzo “Il piccione” di Patrick Süskind, viene completamente sconvolta da un evento all’apparenza insignificante: l’arrivo di un piccione davanti alla porta del suo appartamento. Questo breve romanzo esplora con maestria i temi dell’isolamento, della routine e della fragilità psicologica umana.

Una storia di routine quotidiana e isolamento
Jonathan Noel è una guardia giurata in una banca di Parigi che, dopo esperienze traumatiche (la deportazione dei genitori in un campo di concentramento e il fallimento del suo matrimonio), ha scelto deliberatamente una vita di assoluta prevedibilità e solitudine. Vive in una stanza modesta che sta acquistando tramite un contratto di affitto con riscatto, un rifugio che rappresenta per lui “l’unica certezza che la vita gli avesse mai dato”.
La sua esistenza è scandita da una routine quotidiana meticolosa, evitando consapevolmente il contatto umano. È proprio questo equilibrio fragile a essere minacciato dall’apparizione improvvisa di un piccione nel corridoio del suo palazzo.
Il piccione come catalizzatore del caos
Ciò che rende affascinante questo romanzo è la sproporzione tra l’evento scatenante (l’apparizione di un semplice piccione) e la crisi esistenziale che ne deriva. Per Jonathan, questo volatile diventa un elemento di imprevedibilità insopportabile che lo porta a:
- Barricarsi nella sua stanza
- Fuggire indossando abiti invernali in piena estate
- Affittare una camera d’albergo per non tornare a casa
- Cadere in uno stato di cupezza e odio verso l’ambiente circostante
- Contemplare pensieri violenti e persino il suicidio
La profondità psicologica del protagonista
Süskind descrive magistralmente la psicologia di un uomo che ha costruito la propria vita attorno all’evitamento. Estremamente insicuro, Jonathan teme tutto ciò che è incerto e sviluppa pensieri catastrofici di fronte a qualsiasi imprevisto. Il suo pessimismo lo porta a conclusioni irrealistiche, come credere che diventerà un senzatetto solo per non aver aperto in tempo il cancello della limousine del suo capo.
La catarsi finale
Dopo una notte tempestosa in hotel, durante la quale Jonathan sperimenta un momento di regressione all’infanzia, credendo di essere tornato nella cantina dei genitori durante una guerra, il protagonista trova una sorta di rinascita. Al mattino, camminando per la città bagnata dalla pioggia, riscopre una gioia infantile sguazzando nelle pozzanghere.
Tornato a casa, Jonathan trova il coraggio di affrontare il corridoio, scoprendo che il piccione è scomparso. Questa conclusione offre una speranza di cambiamento per il protagonista, suggerendo la possibilità di superare le proprie paure.
Considerazioni finali
“Il piccione” è un racconto breve ma denso, che esplora con profondità i temi della solitudine, della paura e dell’incapacità di comunicare. Süskind dimostra come un evento apparentemente insignificante possa scatenare una crisi esistenziale in chi ha costruito la propria vita sull’illusione della sicurezza assoluta.
La prosa di Süskind è precisa e penetrante, capace di trasportare il lettore nella mente tormentata di Jonathan. Proprio come nel suo più celebre “Il profumo”, l’autore dimostra una straordinaria capacità di esplorare la psicologia umana nei suoi aspetti più oscuri e fragili.
Per gli amanti della letteratura esistenzialista e psicologica, “Il piccione” rappresenta una lettura essenziale, un piccolo gioiello letterario che, nonostante la brevità, lascia un’impronta duratura nel lettore.
Consigliato a: chi apprezza l’analisi psicologica, i racconti brevi e le riflessioni sull’isolamento sociale contemporaneo.
il libro su ebay
Il piccione di Patrick Süskind, ed. Longanesi 1987
Vedi anche