Il sogno di Makar. Korolenko e un contadino a giudizio del Signore

Makar è un povero contadino bugiardo della Taiga che un giorno sogna di trovarsi a giudizio del suo dio

Nel cuore dei fitti boschi della taiga, Makar, un povero contadino divenuto mezzo selvaggio per associazione con il popolo di Yakutsk, sogna un futuro migliore.

Egli però non sogna quando è normale; non ha tempo perché deve spaccare la legna, arare, seminare e macinare il grano. Sogna solo quando è ubriaco.

Appena si trova sotto l’effetto dell’alcool, piange e dice che se ne andrà sul “monte sacro” per ottenere la salvezza per la sua anima.

Non sa il nome di questa montagna, né dove si trova, sa solo che è molto lontana.

Alla vigilia di Natale, Makar estorce un rublo a due rifugiati e invece di portargli un po’ di legna, con i soldi compra velocemente del tabacco e del liquore.

L’appetito del piacere soffocava gli scrupoli della sua coscienza. Aveva persino dimenticato che, una volta ubriaco, la sua fedele moglie ingannata lo avrebbe picchiato senza pietà.

Dopo aver bevuto e fumato molto, Makar va a dormire e fa un sogno.

Il sogno

Sogna che il il gelo ha avuto la meglio su di lui nel bosco. Che lì è morto, e che il prete Ivan, morto anch’egli da molto tempo, lo porta dal grande Toyon – il dio o signore della foresta – per essere giudicato dalle sue azioni precedenti.

Anche lì la sua naturale furfanteria non lo abbandona; cerca di ingannare Toyon. Ma quest’ultimo sa tutto ciò che Makar ha fatto, sia nel bene che nel male, ed è molto arrabbiato, lui lo incolpa di essere un bugiardo, un pigro e un ubriacone.

Lo mette alla prova con delle domande e davanti a una grande bilancia con un piatto d’oro e uno di legno per pesare il bene e il male, in genere stavano in equilibrio, ma nelle sue risposte un piatto si alzerà così in alto che non lo si potrà raggiungere.

Il prete comincierà a contare il numero di volte in cui Makar aveva ingannato.
Trovò ventunomilanovecentotrentatre inganni.

Makar capisce di non avere scampo e verrà trasformato in cavallo da soma se non dirà la verità.

Così parlando si rende conto di essere nato proprio come gli altri, con gli occhi sereni e con il cuore pronto ad aprirsi e a ricevere tutta la bellezza del mondo.
Makar passa in rassegna la sua miserabile vita, facendo commuovere il vecchio Toyon.

Makar comincia a piangere, e anche Toyon piange. E anche i giovani inservienti e gli angeli si commuovono.

Ancora una volta la bilancia si sposta. Ma questa volta è nella direzione giusta. Makar ha ricevuto clemenza dalle mani del suo Signore.

Il solitario contadino

Korolenko non cerca di riconciliarci con la realtà, ma con l’umanità.
Il povero Makar, solitario abitante della foresta siberiana, che conduce una vita di incredibili fatiche e stenti, alla fine muore, e per i suoi peccati è condannato a giudizio del Grande Toyon, o signore , a soffrire dolori e faticare di più nella vita futura.

È il tipo dell’“insultato e ferito” amato da Dostoevskij e da Tolstoj, ma con una differenza: Makar non soffre la sventura in uno sconforto passivo, ma protesta.

Protesta con indignazione contro l’ingiustizia del giudizio del suo signore Toyon. La vita per lui è stata disperatamente dura; sarebbe ingiusto giudicarlo secondo gli standard stabiliti per i giusti che i Toyon amano, i cui volti sono bagnati di profumo e le cui vesti sono cucite da mani diverse dalle loro. Questa protesta, combinata con un caloroso amore per tutta l’umanità, sarebbe diventata la nota fondamentale degli scritti di Korolenko.

L’autore

Vladimir Korolenko (nato il 27 luglio 1853 a Zhitomir, Ucraina – morto il 25 dicembre 1921, Poltava, Ucraina) è stato uno scrittore russo e giornalista le cui opere sono memorabili nel mostrare compassione per gli oppressi.

Korolenko fu espulso da due università per le sue attività rivoluzionarie. Nel 1879 venne esiliato nella regione di Yakut (ora nella repubblica di Sakha) in Siberia, dove incontrò vagabondi, ladri, pellegrini ed emarginati sociali che avrebbero avuto un posto di rilievo nelle sue storie.

Rilasciato dopo cinque anni, pubblicò la sua storia più nota, Il sogno di Makar (1885) che trasmette con comprensione il mondo di un contadino yakut.

Durante la sua direzione (1900 circa) dell’influente rivista Russkoe Bogatstvo, Korolenko difese le minoranze e fece amicizia con scrittori più giovani, tra cui Maxim Gorky che lo elogiava.

Non volendo collaborare con il governo bolscevico, si ritirò dopo la Rivoluzione d’Ottobre nel 1917 in Ucraina, dove lavorò a un’autobiografia incompiuta.

Il libro su Ebay

IL SOGNO DI MAKAR, edizioni Paoline 1961

vedi anche l’articolo

IL GUARDIANO DEL FARO di Sienkewicz


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